GROTTE DI ONFERNO

La bellezza delle grotte si inserisce in un contesto naturale  molto attraente, tutelato dal 1991 con l’istituzione della Riserva Naturale di Onferno: particolarità di paesaggi percorrendo i diversi sentieri che attraversano un complesso di grotte che si sviluppa per più di 850 metri nelle viscere dell’affioramento gessoso della Val Conca.

Onferno o Inferno? Il primo è il nome attuale, dato al paese nel 1810 dal Vescovo di Rimini, che non gradiva avere nel suo territorio un paese il cui nome avesse un così chiaro riferimento a demoni ed Inferi; il secondo è quello antico (dal latino infernum: luogo basso e oscuro) dato agli abitanti del luogo, i quali credevano che l’ingresso della grotta altro non fosse che l’ingresso per l’Inferno. Sulla  rupe, dove un tempo sorgeva il castello, rimane un piccolo borgo in bella posizione panoramica sulla riserva e i territori circostanti.

La visita alle Grotte, con la guida di personale qualificato, prevede la discesa nel bosco lungo un primo sentiero esterno, che da un’altitudine di circa 300 metri scende nel bosco fino 196, quota alla quale si incontra l’accesso ad un vero e proprio canyon sotterraneo, lungo il quale è possibile ammirare ambienti suggestivi.
Percorrendo il canale principale creato dall’acqua si possono vedere, tra le altre cose, ovunque i scintillanti cristalli di gesso, soffitti e pareti levigati e cesellati dallo scorrere antico del torrente e numerose grosse protuberanze coniche di gesso che sporgono dal soffitto, tra le più grandi d’Europa di questo genere.

Da non perdere è il museo naturalistico, un vero e proprio paradiso per i bimbi. Lo spazio espositivo è impostato con la logica del gioco e dell’interattività che stimolano la curiosità e l’attenzione dei bambini (e anche di che bimbo non è più). Un museo, quindi, multimediale provvisto di una tecnologia di prim’ordine ma discreta, dolce e tanto lontana dai video giochi. Uno spazio ideale per la famiglia.

 

Uno dei percorsi sotterranei più grandiosi e affascinanti del mondo è il complesso delle Grotte di Frasassi, all’interno dell’Appennino marchigiano. E’ un ambiente incontaminato, nascosto e bellissimo, fatto di spazi suggestivi e ricchi di straordinarie concrezioni. Un ecosistema sotterraneo completo, in cui è ancora possibile osservare la formazione delle concrezioni, le gocce che scavano e costruiscono le proprie architetture e in cui la vita continua indisturbata da milioni di anni.

Dimensioni ciclopiche e concrezioni trasparenti simili ad arabeschi di cristallo che si specchiano su fiabeschi laghetti: ecco descritta, in poche parole, la magia delle Grotte di Frasassi. La lunghezza complessiva delle Grotte di Frasassi è 30 km e il suo ambiente più grande, l’Abisso Ancona, possiede un volume pari a circa 1.000.000 di metri cubi, con un’altezza di 240 metri, tanto che potrebbe ospitare addirittura il Duomo di Milano.

Le dimensioni delle concrezioni non sono da meno: basti citare i Giganti, le gigantesche stalagmiti alte 20 m e larghe fino a cinque dell’Abisso Ancona, o l’enorme stalagmite di 15 m che si erge al centro della Sala dell’Obelisco. Il fantastico mondo delle Grotte affascina inoltre con lo spettacolo delle Canne d’organo nel Canyon, con il magico scenario delle Candeline che si specchiano su un laghetto di acqua limpidissima e con tante Sale che si offrono al nostro sguardo lungo il suggestivo percorso. Qui è tutto spettacolare. Lo è l’Abisso, ma anche tutto ciò che lungo il percorso si incontra: il laghetto cristallizzato a seguito della saturazione di un bacino d’acqua ad opera del carbonato di calcio; il Niagara, una colata bianchissima di calcite allo stato puro; il Castello della Fatina con le sue guglie e i suoi pinnacoli; il Castello delle Streghe col suo colorito rossastro.

Visita guidata: la parte riservata alle visite turistiche, attrezzata e facilmente percorribile da tutti, sia anziani che bambini accompagnati, in totale sicurezza, prevede un percorso di circa 1,5 km per circa 1 ora e mezza di visita.

MONTEBELLO DI TORRIANA

il termine “Montebello” non indica un’altura di gradevole aspetto ma significa letteralmente “Mons Belli”, che in latino si può tradurre come “Monte della Guerra “, cioè inespugnabile per la sua posizione. Il borgo è davvero grazioso, con le sue botteghe d’altri tempi e qualche piccolo negozietto, una torre civica che all’epoca aveva funzioni di difesa e la chiesa di S. Pietro Apostolo: un’atmosfera di altri tempi.

IL CASTELLO DI AZZURRINA

L’attrazione principale di Montebello è senz’altro il castello, un luogo magico e ammantato di mistero che tutt’oggi viene visitato per via della sua curiosa e incredibile storia.
Ma cosa rende così affascinante questo luogo e quale ragione viene chiamato il Castello di Azzurrina? Tenetevi forte, perché c’entrano addirittura i fantasmi! Per raccontarvelo dobbiamo fare qualche passo indietro nel tempo e tornare al 1375, per la precisione il 21 giugno. Fu proprio quel giorno, infatti, che la piccola Guendalina Malatesta – figlia dell’omonimo feudatario di Montebello – scomparve in circostanze misteriose nei sotterranei del castello. La bimba nacque albina, un’anomalia genetica che le conferiva una carnagione chiara e dei capelli bianchissimi; all’epoca le persone con questa particolare condizione venivano però accusate di stregoneria ed in genere giustiziate atrocemente: per questa ragione i genitori la costrinsero a rimanere sempre dentro alle mura del castello, costantemente vigilata dalle guardie. Quel fatidico giorno però la bimba finì, per gioco, in una stanza ai tempi adibita alla funzione di dispensa: non avendo alcuna uscita, le guardie non ritennero necessario seguirla a vista. Dopo aver sentito un urlo, però, si accorsero che la piccola era sparita e da quel momento non è stata più ritrovata. È nata così la leggenda del fantasma di Azzurrina, che tutt’oggi vaga nei sotterranei del castello e che migliaia di visitatori e appassionati del bizzarro o del paranormale cercano di avvistare, visitando la costruzione.

SAN MARINO

San Marino regala ai suoi visitatori la rara sensazione di stare contemporaneamente nel Medioevo e nel presente. La capitale del minuscolo Stato – Città di San Marino – è perfetta per un weekend o per una gita di un giorno. Che siate interessati alla storia, allo sport, alle passeggiate nella natura, che siate fanatici delle architetture medievali o dello shopping, che viaggiate in coppia o con i bambini, la piccola Repubblica sammarinese non vi deluderà!

Un habitat e un paesaggio con qualità estetiche così speciali che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità.

Il Centro Storico, racchiuso entro mura fortificate, offre al visitatore l’opportunità di un intrigante percorso fra caratteristiche contrade di un’epoca lontana, innumerevoli angoli e scorci panoramici di incomparabile bellezza, sentieri che si inerpicano fino a raggiungere le tre torri medievali (sec. x-xi), costruite  quale valido sistema di fortificazioni collegate fra di loro per mantenere, immutata nei secoli, la propria Libertà. La seconda torre ospita il Museo delle Armi Antiche che comprende circa 535 oggetti tra armi bianche, armi in asta, armi da fuoco, archi, balestre, armature tutte risalenti a varie epoche tra il Medioevo e la fine dell’800. Il rimanente della collezione che nel suo complesso conta più di 1550 pezzi, si trova nel “Centro di studi sulle armi dal medioevo al novecento” a Borgo Maggiore.  Dalle rocche l’occhio del visitatore osserva la meravigliosa vallata sottostante e un suggestivo panorama tinto delle diverse sfumature: fanno da cornice le dolci pendenze dell’Appennino Tosco-Emiliano che progressivamente scendono fino alla riviera adriatica.

La visita prosegue nel cuore del centro storico, in Piazza della Libertà dove si erge il Palazzo Pubblico, ricostruito in stile neo-gotico alla fine del XIX secolo. Lasciando Piazza della Libertà una breve salita conduce alla Basilica del Santo: l’altare maggiore ospita la statua e l’urna con le ossa del Santo, Marino che secondo la leggenda fondò anno 301 creò una piccola comunità di cristiani. A lato della Basilica si trova la Chiesetta di San Pietro accanto alla quale sono rimaste intatte le scale e i giacigli di pietra scavati nella roccia dai santi Marino e Leo.

Sono tanti i motivi per i quali vale la pena scoprire Santarcangelo: per la sua forte identità romagnola e l’atmosfera di grande borgo scandito da un giusto ritmo di vita, per la sua bellezza architettonica fatta di nobili palazzi, case borghigiane, vicoli e piazzette che le hanno conferito il titolo di Città d’Arte, per le sagre di paese dense di profumi e di sapori. Adagiata su un morbido colle, chiamato colle di Giove, ancor oggi è ben riconoscibile la tipica struttura del borgo fortificato di impianto medioevale che la caratterizza.
Il Monte Giove è attraversato da un fitto reticolo di misteriose grotte tufacee (160 circa), aperte ai visitatori, notevoli per la loro bellezza architettonica. Di origine misteriosa  esse formano una vera e propria città sotterranea, su tre livelli. Scavate nell’arenaria e nell’argilla, alcuni ipotizzano che in gran parte siano stati realizzate come cantine, depositi, altri invece che fossero luoghi di culto.

Nella piazza centrale si ammira il grande arco trionfale eretto nel 1777 dalla cittadinanza in onore del concittadino Papa Clemente XIV (Gianvincenzo Ganganelli 1705-1774). Torre del Campanone, Porta Cervese, Piazza delle Monache, Chiesa Collegiata, Pieve di San Michele, Sferisterio sono tutti caratteristici luoghi da visitare che conferiscono a questo borgo il suo fascino particolare.

Santarcangelo è anche un paese che ha dato i natali a grandi artisti, si ricordano in particolare Guido Cagnacci, autentico maestro della pittura seicentesca, Tonino Guerra, sceneggiatore di registi famosi – sua la sceneggiatura di Amarcord di Federico Fellini –.  Il nuovo museo di Santarcangelo di Romagna espone diverse opere pittoriche di Tonino Guerra (acquerelli, pastelli, arazzi e affreschi), circondate da tante piccole e grandi opere in ceramica, legno, ferro e altri materiali, realizzate da artigiani e artisti su ispirazione di Guerra. Nel museo è presente anche una ricca sezione multimediale, nella quale è possibile rivedere tutti i film sceneggiati da Tonino Guerra, guardare interviste e documenti dagli anni ’60 ad oggi, ascoltarlo recitare le poesie in dialetto seguendo il testo su uno schermo. Si possono sfogliare le sue innumerevoli sceneggiature, pietre miliari del cinema italiano.

Non si può fare a meno infine di visitare il Museo Storico-Archeologico, testimonianza unica della storia del territorio santarcangiolese e della sua gente. Di pari importanza è il MRT: Museo Etnografico degli Usi e Costumi della Gente di Romagna, testimonianza unica della storia del territorio e il Museo del Bottone che raccoglie un’infinità di bottoni dal 1800 ai giorni nostri.

DA NON PERDERE :

Una tovaglia o un grembiule da cucina o altre simpatiche creazioni artigianali di stampe a ruggine sono un bel ricordo di Santarcangelo: basta recarsi alla bottega Stamperia Artigiana Marchi che da secoli di tradizioni utilizza ancora un mangano del 1600, unico al mondo per dimensioni e peso.

 

La sua doppia natura di città culla dei Malatesta e, parecchi secoli prima, di centro della civiltà Villanoviana unita alla bellezza paesaggistica della Valle del Fiume Marecchia in cui è immersa, Verucchio desta curiosità per l’imponente sasso su cui è appollaiata.

Tra il IX e il VI secolo a.C. fu centro nevralgico della cosiddetta civiltà Villanoviana, si sostiene di origine etrusca. Ricchi reperti sono stati riportati alla luce dalle necropoli scavate attorno al paese, oggi esposti nel Museo Civico Archeologico. La cittadina è anche conosciuta come « culla dei Malatesti » perché qui ebbe inizio, se non la famiglia, certo la potenza dei Malatesta, ad opera di Giovanni della Penna dei Billi (1150-90), detto appunto il Malatesta.

Di impianto medievale e ricca di edifici storici, Verucchio è distesa tra due colline un tempo coronate da poderose rocche sui cui ruderi di una oggi è insediato un convento- e quella del Sasso (Rocca Malatestiana) una delle fortificazioni della Signoria meglio conservate, edificata a dominio del paese e della valle fino al mare Adriatico, è possedimento malatestiano dal XII secolo, le cui tracce più antiche sono visibili nei sotterranei.

Qui nacque Malatesta da Verucchio detto il “Centenario” (1212 -1312), che Dante cita nell’Inferno della sua Commedia come Mastin Vecchio, condottiero e conquistatore di terre e città, poi apprezzato governatore di Rimini  decretando l’espulsione di tutte le famiglie ghibelline rivali. Malatesta per queste vicende è citato da Dante come il « Mastin vecchio » (Inf.XXVII) vv. 46-48), assieme al figlio Malatestino I, il « Mastin nuovo ». Il Sommo Poeta ricorda che i due fecero imprigionare e uccidere nel 1295 Montagna di Parcitadi, capo della fazione ghibellina riminese.

«E il Mastin Vecchio e il Nuovo, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d’i denti succhio.»

La Signoria svilupperà il suo potere pur mantenendo Verucchio quale presidio strategico e baluardo contro la signoria avversa dei Montefeltro. Anche per questo la Rocca fu ampliata nel 1449 dal più importante dei rappresentanti dei Malatesta, Sigismondo Pandolfo.

A Villa Verucchio, frazione in pianura, si trova il Convento Francescano che la tradizione vuole fondato da San Francesco nel 1213. Nel suo chiostro s’ innalza maestoso un cipresso colossale alto oltre venticinque metri che sarebbe stato originato dal bordone piantato e fatto rinverdire dal Santo stesso

San Leo

Definito da Umberto Eco, “ La più bella città d’ Italia” San Leo è uno dei borghi più belli del nostro Paese.  E’ stata fatta richiesta di essere inserita nel patrimonio dell’ UNESCO. Interessantissima è la sua storia. Gli studiosi ricollegano il luogo a un origine umbra. Nell’alto medioevo, tra il 961e il 963, assunse il ruolo di capitale d’Italia quando fu stretto in assedio Berengario II, ultimo re del regno d’Italia, da Ottone I di Sassonia.  Fu luogo di passaggio di San Francesco nel 1213, di Dante nel 1306. Il castello fu la prigione di Cagliostro e di Felice Orsini.

Per arrivare a San Leo si percorre un’unica strada dalla strada scavata nella roccia e ammirare un panorama assai suggestivo. San Leo, a 600 metri sul livello del mare, è stata una straordinaria fortezza militare  e macchina da guerra puntata contro chiunque avesse pretese di conquista sul Montefeltro e la valle del Marecchia. Il borgo si trova su un grande masso calcareo: uno sperone di roccia dove si erge il paese caratterizzato da un centro storico e la sua fontana classica,  la Pieve ( la più antica chiesa di San Leo), Il Duomo , Palazzo della Rovere, Palazzo Nardini, il Palazzo Mediceo.

Il Duomo di San Leone è la chiesa medievale più importante di tutto il Montefeltro e rappresenta una delle più singolari ed importanti testimonianze dell’architettura romanico-lombarda.  Le sue mura esterne sono tutte costruite in arenaria e l’ingresso si trova sul lato e non sula facciata principale. Sopra il portale d’ingresso ci sono i busti scolpiti di San Leone e di San Valentino, provenienti della chiesa antica. Pregevole è il ciborio dedicato a San Leone e alcuni capitelli.   Quadrata fuori ma circolare dentro, la Torre Civica è uno straordinario esempio di romanico, ancorata direttamente alla roccia su cui è costruito anche il Duomo.

La Pieve è il più antico monumento religioso di San Leo e di tutto il Montefeltro. La religione cristiana ha cominciato a diffondersi proprio da questo edificio che la leggenda vuole sia stato costruito proprio da San Leone, abile tagliatore di pietre. Le tre navate interne sono divise da due file di colonne con arcate e completata da un bellissimo ciborio del 882. L’interno è singolare perché la chiesa è costruita su un dislivello, quindi sotto le navate c’è un ulteriore piano che contiene la cripta e il cosiddetto Sacello di San Leone.

Se si alzano gli occhi al cielo, da qualsiasi punto di San Leo si vede la fortezza. Costruita su uno sperone naturale di per sé inaccessibile, la Fortezza è da sempre considerata un ammirevole punto d’incontro tra natura e arte. Dopo l’adeguamento alle necessità militari, dal 1631 la Fortezza divenne un carcere con ospiti illustri. Qui furono imprigionati patrioti risorgimentali (tra i quali Felice Orsini) e pensatori ritenuti scomodi, tra i quali il palermitano mago e alchimista Cagliostro. Condannato dalla Chiesa cattolica al carcere a vita perché considerato eretico, Cagliostro fu rinchiuso nella fortezza di San Leo per 4 anni dove morì nel 1795. La cella chiamata “pozzetto” di pochi metri e in cui si entrava solo attraverso una botola dal tetto è oggi visitabile grazie a un’apertura laterale praticata recentemente.

Aguzzando la vista nelle giornate terse è possibile scorgere dalla costa un solitario gigante immerso nel verde del territorio della Famiglia Malatesta: è il castello di Montefiore, baluardo difensivo e dimora estiva della potente famiglia.

PERCHÉ VISITARLA

Montefiore è la capitale medioevale della Valle del Conca e uno dei paesi della Signoria dei Malatesta più integri e affascinanti. Qui si respira un’aria particolare. Sarà per la rocca imponente con le sue linee severe che si scorgono sin dal mare, saranno i boschi e le campagne che circondano il centro storico, saranno le sue botteghe di artigiani, i suoi antichi rituali, la vista dei monti dell’Appennino e di tutta la costa romagnola: tutto contribuisce a creare una situazione speciale dove storia e natura hanno trovato un ottimo equilibrio. Attorno al castello, numerosi i ristorantini della tradizione.

 

LA ROCCA

È il più potente simbolo del potere malatestiano di tutta la Valle del Conca, forse il più singolare della Signoria e le sue geometrie offrono davvero scorci unici. Dal terrazzo più alto si vedono i monti dell’Appennino marchigiano e San Marino sembra a due passi.

 

LA CHIESA
È la chiesa parrocchiale di Montefiore; dell’architettura trecentesca si noti la struttura esterna complessiva e il portale. All’interno un bel crocefisso ligneo della Scuola Riminese del ‘300, un affresco della Madonna con Bambino e angelo di Bernardino Dolci (sec. XV) e la importante pala della Madonna della Misericordia di Luzio Dolci (sec. XVI).

 

PASSEGGIATA
Le mura cingono tutto il borgo e la strada che le costeggia offre oggi una breve ma gratificante passeggiata in un ambiente naturale di prim’ordine. Si tratta senza dubbio di uno degli spazi verdi più spettacolari del nostro entroterra.

sito web: Montefiore